La Terra Buona

Locandina-1Quando è uscito Senza Trucco, abbiamo pensato a un miracolo, perché siamo riusciti a finire la post-produzione grazie alla prevendita dei dvd su questo blog. E il miracolo è continuato, tanto che ancora oggi, dopo 7 anni dalla sua presentazione al Festival Cinemambiente di Torino, continuiamo a ricevere richieste di acquisto da tutto il mondo.

Ma questa storia la conoscete già. Invece voglio parlarvi di un altro piccolo miracolo cinematografico, che sono sicura tanto piccolo non resterà. Sabato sono andata a vedere al Cinema Reposi La Terra Buona, di Emanuele Caruso. Film indipendente, autoprodotto, che ha inutilmente cercato una distribuzione (di questo parlerò più avanti nel post) e quindi una visibilità nei cinema.

Ha avuto la possibilità di essere proiettato per una sola settimana proprio al Reposi di Torino, perché apprezzato da chi gestisce la programmazione. Non avendo una distribuzione e quindi nessuna pubblicità, il film si è basato sul passaparola per essere visto. E cosa succede? Piace talmente tanto che la sala ha sempre un sacco di spettatori, perché chi va a vederlo lo dice agli amici, che a loro volta lo dicono ai parenti e così via. Insomma, il film è stato prorogato prima di due settimane, poi di un’altra e resterà in sala a Torino fino al 4 aprile. Come spesso succede in questi casi, si stanno interessando altre città e quindi La Terra Buona arriverà anche a Milano, Roma, Bologna.

Mi è piaciuta la frase che ha detto il regista: “Torino ha fatto una magia.” Già, perché per chi non se lo ricordasse, questa è proprio la città delle magie. Chi pensa che Torino sonnecchi dovrebbe invece capire quante possibilità dà, ma solo a chi ha qualcosa di buono da dare al mondo. Ed è il caso di questo film.

Non voglio raccontare la trama, perché la troverete in giro sul web e poi non vorrei svelarvi qualcosa che invece è bene che capiate da soli, ma quanto ho pianto… Mica perché sia melodrammatico: no, semplicemente perché tocca delle corde vere, profonde, che risuonano con la parte di noi che ci collega direttamente al cielo. A questo punto so che qualcuno storcerà il naso, ma non posso fare a meno di leggere questo film come un’opera al di là di tutto quello a cui ci hanno abituato e costretto a credere. E’ uno squarcio su una realtà antica (ma che torna viva, fortunatamente), immersa nella natura, a contatto con un ambiente che sa essere generoso e giusto. Qualcuno potrebbe vederci degli spunti new age, ma siamo ben al di là: mai come ora si sta rendendo urgente la necessità di riprendere contatto con la terra, con la terra buona, però.

Uscire dalla sala con la sensazione di essere connessi con qualcosa che ci porta verso l’alto è un’opportunità davvero rara.

E’ per questo che il film non ha trovato distribuzione, a mio avviso: non è sicuramente pericoloso, perché è delicato e discreto. Però è potente e va a lavorare su aspetti che per il sistema vigente è meglio che restino come sono.

Grazie a Emanuele Caruso per il coraggio (4 anni di lavoro) di aver portato a termine un’opera che, se il cielo lo vorrà, avrà tanto da dare.

Ecco il trailer:


Giulia Gonella – Latipica

IMG_3140E’ arrivata nel mio magazzino una mattina e mi ha fatto subito simpatia, con quei modi discreti e l’insicurezza tipica di chi ha appena iniziato. Andando contro la tradizione paterna, Giulia aveva appena iniziato a vinificare l’Arneis con lieviti indigeni in un’annata, la 2014 che, come ricorderete, non fu molto clemente con la maturazione dell’uva. Quel vino mi stregò: era spiazzante, così estremo da rischiare di precipitare nel baratro da un momento all’altro. Giulia era timorosa e non sapeva bene se avesse fatto il passo giusto. Da quel primo incontro sono passati tre anni e ora i vini Gonella sono stati assunti a pieno titolo nel novero della produzione naturale. La tenacia di Giulia ha portato il suo Arneis, nelle stagioni successive, a un equilibrio e una capacità espressiva unici. E lo stesso per gli altri vini. IMG_3171

Se la conoscete,sapete bene che nella sua ricerca della naturalità estrema non c’è nessuna concessione ai movimenti o alle mode. La sua vita, il suo modo di pensare e agire sono impregnati di una spiritualità profonda, che impone rispetto e cura per ogni ambito dell’esistenza. Chi produce vino naturale non può prescindere dall’amore per ciò che lo circonda. I portatori d’odio facciano altro, perché il territorio, le vigne, la cantina hanno bisogno di dedizione e pensieri gioiosi per ottenere prodotti elevati. Giulia è un chiaro esempio di tutto ciò e mi auguro che, con il video che ho realizzato, possiate capire cosa intendo.

I VINI

IMG_3153Partiamo proprio dall’Arneis, il Grano di Sale, che riporta sull’etichetta le conchiglie che rimandano a un passato marino di queste terre. Abbiamo già detto di lui, di come si sia arrivati ai risultati attuali. Il Piemonte non è regione da bianchi e dell’Arneis abbiamo ricordi di aperitivi scialbi e chimici nei locali di Torino degli anni Duemila. Poi assaggi il Grano di Sale e ti riporta alle colline che abbiamo visitato, basta giusto chiudere gli occhi. Questa è espressione territoriale, questa è capacità di esaltare un vitigno, troppo a lungo mal interpretato.

Poi c’è la Barbera, che è tipica di questa zona e che si chiama proprio, con un gioco di parole, Latipica, un po’ per questo suo legame al territorio, un po’ perché è vinificata in modo diversoda come si usa da queste parti. In questa seconda accezione meglio leggere l’Atipica allora. Anche lei richiama San Martino Alfieri che, lo ricordiamo, è al confine con il Roero. L’acidità specifica del vitigno ha qui una chiusa oscura, quasi misteriosa che spinge ad ascoltare un po’ più a fondo ciò che si vuole raccontare

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La Bonanova. Bonarda Piemonte, vitigno sconosciuto ai più. Peccato, perché è incredibile. Quando lavorato in modo integerrimo come in questo caso, dà profumi intensi, che spaziano dai fiori alle erbe, con una vena sorniona che non è tipica dei vini di questa zona e per questo intriga ancora di più. Di fronte a chicche di questo tipo non si può che ringraziare il cielo per la varietà a cui sono sottoposti i nostri palati.

DueCorvi è il Nebbiolo di Casa Gonella. La prima volta che l’ho assaggiato, una prova da botte, mi è sembr

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ato un vino facile, beverino, una declinazione del Nebbiolo più agevole diciamo. Poi è passato il tempo e la mia impressione si è trasformata, così come si è evoluta l’amicizia con Giulia: il Nebbiolo ha implicita in sè l’esigenza di andare in profondità e di portare chi lo beve a iniziare uno scavo interiore. Il vino è questo e chi pensa che sia soltanto un esercizio edonistico da esercitare durante la cena, mi spiace ma non ha capito molto…

Ecco qui il video, buona visione!


E’ arrivato l’Emmy!

Marco_statuettaLo so, lo so, non c’entra niente con il vino. Però Senza Trucco è stato prima di tutto documentario e io e Marco ci siamo conosciuti su un set, più di undici anni fa. Quindi il cinema con noi c’entra sempre. E oggi questo blog è dedicato tutto alla statuetta che è appena arrivata a casa nostra e, naturalmente, a Marco, che ha pensato bene di non accontentarsi di riconoscimenti locali o nazionali, ma di vincere l’Emmy (primo fonico di presa diretta in Italia!) per il miglior Sound Mixing per la serie televisiva statunitense Mozart in the Jungle, prodotta da Picrow per Amazon Studios.

Non voglio scendere nella retorica, ma immaginatevi che effetto possa fare avere la stessa statuetta di Nicole Kidman sul nostro tavolino in sala…

Marco non è un vanitoso e non ama mettersi in mostra, ma questa volta l’ho visto davvero emozionato. Visto che Senza Trucco, dall’idea del documentario alla nascita della distribuzione è di Marco quanto mio, voglio usare le pagine di questo blog per esprimergli tutta la mia gioia e la mia stima che, se è possibile, cresce ogni giorno che passa.


LOGO NUOVO, VITA NUOVA

SENZA_TRUCCO_CMYK.jpgQualcuno di voi l’avrà già notato sulla locandina definitiva di Torino Beve Bene (vero che l’avete notato?): Senza Trucco ha cambiato logo. Dopo tanti anni abbiamo deciso di rinnovarci e non soltanto da un punto di vista estetico. Prima c’è stato il documentario, una delle esperienze più entusiasmanti della nostra vita, e con lui la nascita di questo blog. Poi il trasferimento da Roma a Torino e la scelta di aprire la distribuzione di vini naturali. Quattro anni fa giusti, quando abbiamo affittato il primo piccolo magazzino, non avevo idea di cosa mi aspettasse. Arrivo dal mondo letterario/artistico e di competenze commerciali non ne avevo proprio. Piano piano, accumulando tante soddisfazioni e tanti errori, l’attività è cresciuta e i clienti hanno iniziato a darci sempre più fiducia e credito. Abbiamo comprato un magazzino più grande, cambiato il sito, investito in produttori nuovi e adesso anche sulla grafica. E’ sempre lei, Francesca Pavese, la stessa autrice della locandina di Torino Beve Bene, a essere diventata la grafica ufficiale di Senza Trucco. D’ora in poi il nuovo logo sostituirà il vecchio su tutta la comunicazione e porterà con sé una serie di altri grandi cambiamenti di cui vi accorgerete con il tempo. Se avete imparato a conoscere Senza Trucco, avrete anche capito che non ci piace ritenerci soddisfatti: c’è sempre qualcosa di meglio che si può fare. L’importante è non perdere mai di vista il nostro punto di partenza: non si può mai prescindere dal rispetto del mondo e dell’ambiente, soprattutto quando ci si dedica a un’attività edonistica come bere un bicchiere di vino.


Torino Beve Bene 2017

Non ho parole per come è andato quest’anno l’evento: sono ancora così frastornata che fatico a scrivere. Dopo mesi di impegno e lavoro continuo ci si aspetta un po’ di soddisfazione, ma non immaginavo dei numeri simili. Le avete viste tutte le foto che sono girate sul web: a un certo punto non si riusciva nemmeno a camminare tanta era l’affluenza. Ma non mi soffermo su questo per pavoneggiarmi, bensì per ringraziare tutte le persone che hanno permesso una simile riuscita, a partire dai produttori, che sono arrivati da tutta Italia e dall’estero dandoci fiducia, e delle altre distribuzioni attive sul territorio, che hanno condiviso con me il principio della collaborazione per fare in modo che il movimento del vino naturale possa diventare sempre più esteso e forte. Grazie a Sodo, Taglio e Filrouge, che hanno sfamato fino all’ultimo partecipante, finendo le scorte del mese. Grazie al Teatro Espace, che ci ha ospitati, all’Istituto Engim che ci ha fornito in sala ragazzi preparati e attenti – controllati a vista dal loro incredibile professore Walter Loiacono.

E poi, visto che questo è il mio blog, posso aprire una parentesi retorica per ringraziare pubblicamente i miei amici, Tullio Loffredo, Marta Carotenuto e Maria Elena Parlatano (e anche Vladi!) perché hanno sacrificato la loro giornata libera per lavorare 14 ore per noi. E grazie a Stefania Tron, la signora dei braccialetti. Grazie di cuore a Convinto e ai miei amici più recenti, che si sono fatti in quattro per aiutarci.

Infine, un attimo di tempo in più su Ilaria Liparesi, con me da un anno e ormai parte integrante di Senza Trucco. Al banco d’assaggio c’era lei, sempre sorridente e preparatissima, una capacità comunicativa davvero unica, a tutti i livelli.

Chiudo con Marco Fiumara, che forse nessuno sa essere la vera anima di Torino Beve Bene. Sua è stata l’idea e suo il titolo. E soprattutto sua tutta la logistica, l’organizzazione e la gestione delle risorse umane il giorno dell’evento. Lavora nel cinema e non nel mondo del vino. Che spreco!

I complimenti in genere arrivano a me, perché Senza Trucco è associato al mio nome, ma li condivido con Marco, Ilaria e tutti gli altri. Il mio unico merito è quello di sapermi contornare di persone incredibili.

All’anno prossimo!


Glifosato al Vinitaly

WhatsApp Image 2017-04-11 at 15.45.19Avevo scritto un post infuocato, sdegnato, pieno di polemica su questo argomento. Poi ci ho ripensato e ho riletto per bene i manifesti dei sostenitori del glifosato. E mi sono resa conto che è un canto del cigno. E’ l’ultimo disperato tentativo di tenersi a galla, aggrappato a una schiumarola, di un naufrago in mezzo all’Atlantico.

Mi sono infuriata leggendo le frottole raccontate, camuffate fra spighe di grano e rondini volantWhatsApp Image 2017-04-11 at 15.45.10i. Ma poi, di nuovo, ho sorriso perché quando si è costretti ad attaccarsi a balle colossali, con la consapevolezza che lo sono, è perché si sta per esalare l’ultimo respiro. Ormai manca poco al divieto di utilizzare il glifosato in agricoltura, a causa di tutte le (provate) negative conseguenze di tale uso. Quindi? La si mette sul lacrimevole: poveri contadini, ma quanto ci rimetteranno in assenza del loro caro glifosato? In realtà i primi a rimetterci non saranno loro, che forse dopo 50 anni di avvelenamento dell’ambiente e del consumatore, si ravvedranno, rinunciando a diserbare chimicamente. Chi avrà davvero da piangere sarà chi il glifosato lo sintetizza e lo vende. Vi prego: leggete con quanta accorata preoccupazione per i poveri contadini si propone la raccolta di firme per evitare un divieto che toglierebbe ai produttori di glifosato la fonte di guadagno, più probabilmente ricchezza.

Non vi fanno un po’ di pena? Non temano troppo, però, troveranno sicuramente qualche altro modo per portare a casa il pane, sicuramente fatto da farine OGM…

Non vado avanti. Vi lascio contemplare da soli la profonda poesia che suscitano i cartelli esposti nello stand sul Glifosato all’interno del padiglione Enolitech.

WhatsApp Image 2017-04-11 at 15.45.35Soltanto una domanda mi preme porre in modo serio: ma davvero l’organizzazione del Vinitaly ha bisogno dei soldi dei produttori del glifosato? Non sarebbe meglio iniziare a comportarsi in modo serio e prendere le distanze da comportamenti consapevolmente nocivi per l’uomo e la natura?

Essendo scontata la risposta, così come retorica è la domanda, mi conforto rintanandomi dentro il Vivit, paradossalmente situato proprio di fronte al padiglione di Enolitech: i miei cari viticoltori naturali hanno dovuto rinunciare al glifosato tanti anni fa, ma vi assicuro che questa scelta non li ha di certo impoveriti.

Ho sempre pensato che se Dio ha messo lì le erbacce e nessuno per millenni ha cercato di disintegrarle invece che di strapparle via, un motivo ci dovesse essere. Magari possono anche loro avere una piccola utilità? O semplicemente basta una zappa?


Torino Beve Bene 2016

locandina_tbbE’ stata una giornata stupenda, con tantissime soddisfazioni.

Intendiamoci, siamo piccolini e non è stata una passeggiata. Ma il solo fatto di avere così tanti consensi e proposte di aiuto ci ha spinti a fare le cose sempre meglio, per avere una manifestazione ancora più bella di quella del 2015.

Quest’anno sono cambiate un po’ le cose, perché non erano presenti soltanto produttori della distribuzione Senza Trucco: abbiamo deciso di allargare la partecipazione ad altre realtà distributive e a cantine che amiamo, in modo che il panorama dei vini naturali fosse rappresentato con un pluralismo che non può che fare bene al movimento. Prima di tutto era presente un banco dedicato alla distribuzione Les Caves de Pyrene, con una nutritissima selezione di vini, oltre ad alcuni produttori presenti di persona, come Foradori, Fabrizio Iuli, Cascina Roccalini ed Ezio Cerruti.

Altra bellissima novità: il gruppo dei Vignaioli Piacentini, di cui fanno parte Casé, Croci, Denavolo, La Stoppa, Il Poggio e Montesissa Emilio.

Graditissima la presenza degli amici Rindaldi, Tenuta Grillo e Cantine Valpane.img_3091

Infine, come l’anno scorso, una folta schiera di produttori del mio listino: ‘A Vita,  Carussin, La RaiaMarca di San MicheleAndrea OcchipintiPiccolo Bacco dei QuaroniRadici e Filari (Simone Roveglia), Teobaldo RivellaRocche del GattoRocco di CarpenetoTerpinAndrea TirelliZidarich. Banco fornitissimo riservato al Consorzio dei Vignaioli Biodinamici, con Vigneto San Vito, Masiero, De Fermo, Lassaigne, Ruppert-Leroy, Giboulot, Chateau de la Selve.

Al di fuori del mondo del vino le meravigliose Birre Ofelia, i mieli San Lorenzo, i taralli artigianali Zio Pasquale di Ceglie Messapica (BR) e gli incredibili formaggi Filrouge di Carmagnola. Piccolo spazio riservato all’artigianato con la vetreria artistica Across The Glass e la Parafarmacia Biologica Artemisia, entrambe di Torino.

Come lo scorso anno il catering è stato organizzato da Sodo, l’enoteca con mescita di via Bodoni 5.

img_3096Lascio il commento della manifestazione alle bellissime parole di Nicola Barbato, che riesce sempre a cogliere e condensare le emozioni in frasi che coinvolgono tutti i presenti:

“nessuno ci paga per essere sempre allegri. tantomeno a ottobre, quando il prezzo dei tartufi schizza alle stelle.
ci possono essere giornate non facilissime, puntinate di pioggia, con scazzi piccoli e grandi e un pensiero affettuoso per un amico che fa capolino tra le nuvole.
in quei giorni a una degustazione si può anche andare da soli. stare da soli è spesso ottima cosa, consente di rimettere ordine, di oliare gli ingranaggi, di eliminare il grasso… beh, quello magari no. i miei amici dovrebbero saperlo.
comunque a Torino Beve Bene 2016 da solo ci stai giusto il tempo di parcheggiare l’auto, ché entri e subito inconti persone con cui è bello stare. non hai finito di parlare con uno e subito ne arriva un altro e così via, fino alla chiusura, oltre la chiusura, ragazzi si è fatta ‘na certa, per la birra non ce la faccio, scusate, tornerò.img_3098
l’elettrica Lidia, il lirico Pietro, il bell’ Andrea, il bravo Andrea [ma pure lui bello. deve essere un marchio di fabbrica degli andrea], l’ineffabile Giulio, la sorridente Francesca, il multiforme Marco, il piastrato Emanuele, l’imprescindibile Vittorio, il moticiclistico Ezio, il moticiclistico 2 pierluca, il motocilcistico 3 la vendetta Stefano, il terapeutico Lorenzo, l’ultrà Michele, l’indaffarata Chiara, l’entusiasta Enrico, l’infaticabile Gianluigi, il flemmaticoFrancesco Maria, la sorridente Francesca [ho già detto sorridente? deve essere un marchio di fabbrica delle francesca], l’astemio Daniele, il professionale Mirko, la sorridente Giada-Jd [no, sorridere non è un marchio di fabbrica di nessuno. lo possono fare tutti. il sorriso è l’arma più potente e più bella che un essere umano ha. usiamola], il sorridente Paolo [appunto].
ho dimenticato qualcuno? sicuro.
si beve, si chiacchiera, si sorride.
si discute di champagne e di rifermentati [cosa è meglio? dipende da cosa mangi? dipende da quanto vuoi bere? dipende?], di bdb e di bdn, di equilibrio, di rosé de saignée, di pasta madre, del gentilrosso di cantina san biagio vecchio, dell’enkir del mulino marino, di chenin fatto in languedoc, di chenin fatto in loira, di [ahimè] per me impraticabili e prossimissime degustazioni sulla loira, di taralli di granimg_3100o arso, di pecorini dei pirenei, di annate sudate, di annate freddolose, di annate temperate, di acidità vibranti, di acidità esauste, di terreni, di fermentazioni, di enologi brutti e cattivi, di vignaioli alti e biondi.
ma tutto è solo un pretesto per stare insieme. torino beve bene è stata una festa.
qualcuno, tempo fa, ha scritto che il vino porta con sé un carattere ambivalente, per cui può fare litigare oppure può unire. la seconda opzione è indubbiamente la migliore e domenica ha funzionato di nuovo. c’era la cucina di Sodo, c’erano i formaggi di carena, c’erano i taralli di zio pasquale, e, tra i vini, Giulia non si era ritagliata l’esclusiva, ma erano presenti anche altri distributori e un nutrito gruppo di amici vignaioli.
ricordo di avere pensato e detto, un anno fa dopo la prima edizione, che se si collabora si possono fare belle cose.
vale per i vignaioli come anche per i ristoratori, per gli enotecari, per i distributori.
l’idea di giulia in un anno si è sviluppata, ha coinvolto tante persone e dimostra ancora una volta che aimg_3102 torino, dove per fortuna negli ultimi cinque anni sono sorti alcuni locali che hanno ridato vita a una piazza parecchio stitica, la voglia di fare c’è.
torino non è milano e non è roma, dove ci sono eventi di approfondimento e di studio e di incontro tutte le settimane.
siamo stati la prima capitale e siamo finiti alla periferia dell’impero. si lasci perdere il campanilismo, si mettano da parte le beghe politiche o le banali antipatie personali, qui bisogna arrangiarsi. si può ancora fare molto, ci si può aiutare, gli eventi si possono moltiplicare.
basta volerlo”.


UN NUOVO MONDO E’ POSSIBILE, ANZI NECESSARIO

 

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Serge Latouche

  

Teatro Carignano pieno ieri pomeriggio per la conferenza che ha chiuso il ciclo di incontri di Terra Madre. Anche perché l’ultima apparizione sul palcoscenico è stata lasciata a un personaggio molto amato dal mondo Slow Food e da chi segue questa linea di pensiero: Serge Latouche, filosofo ed economista francese, padre fondatore della “Decrescita felice”, un movimento che mira all’eliminazione di tutto ciò che nella vita moderna è superfluo per tornare a un’esistenza più genuina. E accanto a lui, a rendere dialettico il confronto, Stefano Zamagni, docente di economia dell’Università di Bologna. Due approcci diversi, uno ideologico l’altro più tecnico, con un punto di vista comune: l’esigenza di cambiare l’attuale sistema per evitare la deriva del nostro pianeta.

Partiamo dal titolo: per Latouche è limitativo parlare di “un nuovo mondo”, bisogna invece riferirsi a mondi diversi, per garantire una pluralità che ad oggi non è contemplata. C’è un sistema dominante e tutto deve assoggettarvisi. Zamagni fa leva invece sulla seconda parte della frase, sostenendo quanto la necessità di cambiamento sia impellente: se non ci si muove velocemente si rischia di non vedere un futuro.

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Stefano Zamagni

L’idea fondante dell’incontro è che si debba mutare il sistema economico vigente, basato su un paradigma ormai superato: per accumulare denaro si sfruttano al massimo le risorse a disposizione, senza preoccuparsi delle conseguenze sociali e ambientali di un simile atteggiamento. Secondo i due relatori non c’è più spazio per una crescita indiscriminata, perché gli effetti non possono che essere nefasti per il mondo intero. Zamagni porta l’esempio chiarificatore dello psicologo israeliano Daniel Kahneman che vinse nel 2002 il nobel per l’economia integrando studi di psicologia nella ricerca economica. In particolare questi dimostrò come persone sottoposte a immagini che riproducevano denaro fossero meno inclini, dopo la visione, ad aiutare gli altri anche solo con un semplice gesto. Quest’operazione moltiplicata esponenzialmente nella macroeconomia rende l’idea di quanto possa essere poco utile per il pianeta il capitalismo sfrenato degli ultimi periodi. Accenni a Monsanto e Bayer, ormai nemici acclarati di un certo modo di pensare e di consumare, non possono non mancare nel corso della conferenza, che insiste sull’esigenza da parte dei governi di agire per limitare uno sviluppo controproducente. Due sarebbero secondo Zamagni le operazioni da avviare immediatamente da parte del G20: l’abolizione della land grabbing, una pratica che permette di accaparrarsi terreni agricoli su larga scala in paesi in via di sviluppo (uno dei principali motivi dell’emigrazione verso i paesi più ricchi) e l’eliminazione della quotazione in borsa dei beni primari, come il grano, con cui attualmente si assiste a delle variazioni di prezzo di anno in anno insostenibili per i contadini. Latouche spiega come il termine “sviluppo sostenibile”, che ritiene una contraddizione in termini, sia stato coniato per indorare una pillola altrimenti troppo amara, fatta ingoiare a livello globale per decenni. Il termine “sviluppo” deriva dal latino, lingua in cui la S a inizio parola serve come negazione. E infatti sviluppo significa “togliere dal viluppo, dalle catene”. Ma siamo sicuri che il significato originario sia stato rispettato e che ci sia una crescita davvero libera? In questo momento storico chi vuole muoversi all’interno del mondo economico può farlo soltanto a determinati patti e in una certa direzione. Non c’è possibilità di scelta o libero arbitrio.

Secondo Zamagni per uscire da questo tipo di situazione ci sono soltanto tre possibilità, la rivoluzione, che non ritiene perseguibile se non con conseguenze rovinose, il riformismo, per lui poco utile in quanto non generato dal basso, e la trasformazione, che invece garantirebbe un processo moderato e solido per cambiare la rotta economica. Però è fondamentale che questa sia supportata da un cambiamento culturale in cui si mettano in gioco degli schemi vecchi e stantii. La risposta di Latouche all’intervento del suo interlocutore rivaluta invece la potenzialità di un movimento rivoluzionario, come fermento incontrollabile e di massa, dettato da bisogni veri e inconfutabili.

In chiusura sono state chieste ai due relatori delle soluzioni che secondo loro possano innescare un cambiamento del sistema di crescita smodata. Latouche parla di consumo a Kilometro Zero, con gruppi d’acquisto locali, per mettere in ginocchio le grandi distribuzioni che controllano e gestiscono il mercato. E consiglia apertamente di gettare l’apparecchio televisivo, che è in grado di condizionare le scelte a tutti i livelli. Zamagni invece ritiene che si debbano tassare le transazioni in borsa, con una percentuale in realtà minima, che non potrebbe minimamente impensierire i grandi investitori, utilizzando il ricavato per investire in progetti di sviluppo locali e mirati e si debba lasciare spazio ai giovani nelle università di economia di tutto il mondo, che stanno creando un movimento che vuole pluralismo di insegnamenti e non un unico punto di vista, cattedratico e datato.

Sia Latouche, più sognatore e idealista, che Zamagni, docente e uomo razionale, concludono con un’affermazione non tanto di speranza, quanto di certezza: il cambiamento è ormai nell’aria ed è necessario che ciascuno, sia a livello quotidiano e individuale, che ai vertici dei massimi sistemi, si muova per convertire una crescita innaturale in coesistenza all’interno di un sistema armonico.


Punto di svolta: ancora il vino

Tutti gli anni, quand’ero ragazzina, l’inizio di settembre coincideva con molti buoni propositi. Molto più del primo gennaio, la ripartenza della scuola rappresentava il vero principio dell’anno, con il classico elenco di intenti a cui cercare di prestare fede. Quest’anno mi sento di nuovo un po’ bambina. Ho attraversato un’estate di vera e profonda crisi, legata  al lavoro e proprio per questo chiedo scusa a fornitori e clienti: sono letteralmente sparita, ma non perché troppo assorbita dai divertimenti vacanzieri. Diciamo che l’isolamento agostano mi ha portata a riflettere sui massimi sistemi, come in genere accade quando si ha un po’ più di tempo per pensare. Così mi sono domandata dove sia finita negli ultimi anni la volontà che avevo un tempo di combattere per cambiare il mondo. Sono sempre stata contro, fuori dagli schemi, insofferente a qualsiasi imposizione, dall’ora di religione a scuola alle campagne pubblicitarie. Quando sono entrata in contatto con il mondo dei vini naturali, ho capito di avere attorno a me persone della mia stessa lunghezza d’onda: indoli anarchiche incapaci di piegarsi passivamente a regole che non condividevano. Ho girato un documentario, ho scritto tantissimi post, sempre con lo scopo di lottare per ottenere qualcosa di meglio per il mondo. Nell’ultimo periodo, quasi inconsapevolmente, presa dal lavoro e dagli alibi che mi sono creata, ho abbandonato questo aspetto della mia attività. Forse il pianeta non ha sentito un granché la mancanza del mio impegno, ma durante quest’estate io mio sono invece resa conto di essere come annichilita. Certo, così sono più “a norma”, ma è un ruolo in cui non mi ritrovo. Ho sfogliato indietro questo blog: con il tempo, lentamente, le frasi infuocate contro la chimica e lo sfruttamento dell’ambiente di sono addolcite, quasi rassegnate. Non so perché, ma me ne vergogno. Intendiamoci: amo il mio lavoro di distributrice di vini naturali, ma mi sento come se avessi tradito le aspettative di chi ha iniziato a seguirmi anni fa. Ad agosto mi sono domandata: ” Ma qual è il vero scopo della mia vita? Possibile che sia davvero soltanto vendere vino?”. E a un certo punto ho pensato anche di mollare tutto e di capire come indirizzare il mio futuro per sentirmi utile al mondo e agli altri.

Poi come un’illuminazione, la scoperta dell’acqua calda. Sono anni che ho in mano uno strumento formidabile, una testa d’ariete in grado di sfondare portoni altrimenti inespugnabili. Una cosa così trasversale da comprendere tutte le classi sociali e le ideologie: il vino. Pensate, per quasi due mesi non ho toccato un bicchiere. Era tale la mia crisi, da impedirmi di aprire una bottiglia. Eppure era semplice, era tutto lì, sotto capsula e tappo di sughero. Il vino è vivo,  il mio vino è vivo. E’ anima della terra, ponte fra suolo e cielo. Abbastanza ricco da poter dire la sua, non troppo contraffatto da non essere più in grado di ripulirsi. Non credo più alle rivoluzioni, purtroppo. Ma se una dev’esserci, che muova da qui, dalla necessità di non assumere sostanze scelte e camuffate da qualcun altro. Quindi ecco i miei propositi da primo settembre: riprendo in mano la penna con inchiostro avvelenato e cerco di dare il mio contributo a una natura ormai impossibilitata a difendersi da sola. Lo so, è un piccolo contributo, una voce in sordina, ma solo il fatto di prendere l’impegno, mi fa sentire un po’ più parte di un universo da cui mi ero colpevolmente astratta.


Nasce Convinto

13450880_191390377924658_6842448697734453236_nDomani sera, mercoledì 22 giugno, dalle 19 alle 22.30 al Museo Ettore Fico di Torino ci sarà il CONVINTO PARTY, la festa di presentazione di CONVINTO, un’Associazione legata al consumo etico e consapevole di cibi e bevande, appena costituita. Siamo undici fondatori, tutti legati al mondo del vino naturale, alcuni per professione, tutti per passione. La consuetudine di trovarci ad assaggiare bottiglie di produttori che lavorano senza l’utilizzo di sostanze chimiche, abbinando cibi ottenuti con la stessa cura, ci hanno portati a frequenti discussioni sulla necessità di espandere il più possibile questa filosofia. Ci siamo resi conto che chiunque entri in contatto con vino e cibo naturali non potrà più farne a meno e difficilmente tornerà a consumare prodotti convenzionali. Quando lo fa è per la mancanza di alternative. CONVINTO nasce anche per questo: perché non ci debba più essere mancanza di alternative. La rete di esercizi che propongono prodotti naturali deve diventare una realtà solida, in maniera che chi vuole consumare in modo etico e consapevole abbia la possibilità di farlo. Ma facciamo un passo indietro: molto spesso quello che manca è l’informazione legata a questo mondo. Fra i nostri scopi c’è la divulgazione, attraverso Corsi di avvicinamento al vino e alla cucina naturale, degustazioni, visite nelle aziende vitivinicole, partecipazione a manifestazioni sui vini naturali, viaggi enogastronomici. Lavorando su una comunicazione dettagliata e capillare cercheremo di allargare la nostra esperienza al maggior numero possibile di persone,  in modo che la scelta di nutrirsi e bere consapevolmente diventi una necessità comune, non più una possibilità per pochi informati. Se a qualcuno tutto questo sembra un impegno presuntuoso, ha perfettamente ragione: siamo certi che nutrirsi e bere in modo sano possa migliorare la qualità di vita delle singole persone e di conseguenza di una società, apportando un beneficio ampliato. Torino è sempre stata il punto di partenza di molte idee innovative: questa città ha nel proprio DNA rivoluzioni che poi emigrano e condizionano territori molto più vasti. Speriamo che la nostra volontà di diffondere un pensiero legato alla salute di ciascuno di noi e, per esteso, dell’ambiente, possa seguire la stessa fortuna. Un ultimo pensiero: quest’Associazione nasce per passione. Tutto quello che facciamo è il portato di una spinta ideologica e non di uno scopo utilitaristico. Non esiste in noi la possibilità di scendere a compromessi di alcun tipo: CONVINTO è senza chimica e senza manipolazioni e così resterà.

Qui di seguito trovate tutte le informazioni per la festa di domani sera e per associarsi a CONVINTO:

IL PARTY CONVINTO
Mercoledì 22 giugno Convinto si presenta con una festa tra vino cibo e musica allestita nelle sale del Museo Ettore Fico | Via Francesco Cigna, 114  dalle 19:30 alle 22:30

Ingresso gratuito per gli associati
€ 25,00 per i non soci con tesseramento facoltativo incluso nel prezzo del biglietto d’ingresso

Per partecipare chiamateci al 3938856339 o confermate la vostra partecipazione su FB

I fondatori Super_Convinti

Chiara Bordonaro | Francesca Bordonaro | Lorenzo de Laugier | Giulia Graglia | Adriana Terzolo | Luigi Isacchini | Miriam Bruera | Valentina Maoret | Michele Isola | Daniele Garassino | Jennifer Deckert

Socio Convinto | € 25,00

Tessera annuale con validità fino al 31.12.2017
Sconto 10% sulle attività dell’associazione

Sconto 10% sul consumo/acquisto di vini e prodotti naturali presso gli operatori convenzionati con l’associazione, inseriti nella CONVINTOMAPPA che troverete sulla nostra pagina FB e sul nostro sito www.convinto.it
Socio Più_Convinto | € 100,00

Tessera annuale con validità fino al 31.12.2017
Sconto 20% sulle attività dell’associazione
Sconto 10% sul consumo/acquisto di vini e prodotti naturali presso gli operatori convenzionati con l’associazione, inseriti nella CONVINTOMAPPA che troverete sulla nostra pagina FB e sul nostro sitowww.convinto.it
Priorità di prenotazione delle attività a numero chiuso dell’associazione e priorità di prenotazione ai gruppi di acquisto.

Accesso con orario riservato alle manifestazioni aperte al pubblico organizzate dall’associazione.

ELIANA NEGRONI

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